LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dal comune di Venezia, in persona del sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Barnaba Tortolini n. 34, presso l'avv. Nicolo' Paoletti che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Giulio Gidoni e M. Maddalena Morino giusta delega a margine del ricorso; ricorrente contro la Pometon S.p.a. e la S.p.a. Polveri e metalli metallurgica Toniolo, in persona del legale rappresentante pro-tempore, Preo Ernesto e Figli S.r.l.; intimati, per la correzione di errore materiale della sentenza della Corte di cassazione, Sez. 1a Civile, n. 5218/1992 del 17-30 aprile 1992; Udita la relazione della causa svolta dal cons. De Musis; Lette le conclusioni scritte dal dott. Francesco Paolo Nicita, sost. proc. gen.le presso la Cassazione, con le quali si chiede che la Corte di cassazione, in camera di consiglio, dichiari l'inammissibilita' dell'istanza; Rilevato che il procuratore generale ha chiesto che sia dichiarata inammissibile la istanza di correzione materiale perche' proposta, in violazione dell'art. 391-bis c.p.c. - introdotto con l'art. 67 della legge 26 novembre 1990 n. 353 - dopo il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza (della Corte di cassazione) da correggere; Ritenuto che il citato art. 391-bis, nella parte in cui fissa un termine per la proposizione dell'istanza di correzione di errore materiale (sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza ovvero un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa): a) appare irragionevole: perche' non si rinviene un valido motivo per far acquisire definitiva immutabilita' ad un procedimento che contiene in se' stesso la esplicitazione che la dichiarazione giudiziale in esso formalmente contenuta non corrisponde alla diversa dichiarazione che invece il giudice aveva inteso emettere; b) appare contrastante con il diritto di difesa in giudizio: perche' far acquisire definitiva immutabilita' ad una sentenza affetta da un errore materiale equivale a precludere al soggetto di far valere un diritto che un provvedimento giurisdizionale gli attribuisce. La istanza di correzione, difatti, e' intesa, per sua natura, come si e' piu' sopra evidenziato, non ad immutare il provvedimento giurisdizionale emesso ma ad individuare la sua portata "come" risultante dallo "stesso" provvedimento; c) disciplina, per il giudizio di legittimita', lo stesso istituto in modo diverso da come questo e' disciplinato nel giudizio di merito: e cio' senza alcuna giustificazione. La istanza di correzione della sentenza di merito, difatti, ai sensi dell'art. 287 c.p.c. (norma non modificata dalla citata legge n. 353) non e' sottoposta ad alcun termine; Ritenuto, quindi, che la norma in esame appare contrastante con gli artt. 3 e 24 della Costituzione;